Adolescenti per sempre

Di

alessandro-q-ferrari

Mi piace quando mi chiedete perché scrivo per voi, per gli adolescenti. È una domanda che mi avete fatto sempre, negli incontri a scuola. Ed è così grande che per rispondere devo pensarci bene e non mi basta mai il tempo. La prima cosa che vi dico, spoiler, è che io non ho mai scritto per gli adolescenti. Giuro. Non ho niente contro le categorie, immagino sia necessario dire “questo libro è per gli adolescenti, quello no.” È che io non ci riesco. Non penso “adesso scrivo un libro per adolescenti” e non credo nemmeno sia sano, sapete. Perché quando lo fai ti metti in una prospettiva esterna, di chi la sa lunga, di chi ha già finito il percorso, passato il traguardo e vinto la medaglia. Si rischia di guardare indietro, mentre tutto quello che faccio io è guardarmi intorno. Forse perché non ho mai vinto quella medaglia e non sono mai diventato adulto. Continuo a essere preda di emozioni assurde, contraddittorie, estreme, cattive e inebrianti, tutte insieme che a volte mi chiedo come sia possibile. Continuo a essere insicuro, ad avere momenti in cui mi odio, in cui ho così paura del giudizio altrui da non riuscire a fare le cose che vorrei fare. E allo stesso tempo, continuo ad avere momenti in cui credo così tanto in quello che ho dentro, quello che sento mio, che non posso fermarmi nemmeno quando tutti mi dicono che è impossibile farcela. Forse è per questo che scrivo sempre di adolescenti, non per gli adolescenti, di adolescenti. Perché sinceramente è così che mi sento. È la verità e io, quando scrivo e quando leggo, voglio solo la verità. Anche quando la verità, be’, non è piacevole. Ma altrimenti le storie a cosa servono, me lo dite? 

La prima volta che ho capito questa cosa della verità è stato alle superiori. Ero innamorato di una ragazza, Enrichetta. Lei Enrichetta e io Alessandro (più destino di così, dai). L’avevo conosciuta durante un viaggio scolastico in Grecia. Era di un’altra sezione, un anno più piccola. Una notte sono scappato dalla mia stanza, lo facevano tutti non è che fossi un eroe, e sono rimasto con lei fino all’alba. Non è capitato niente, nemmeno un bacio, ma abbiamo parlato. Di Sabrina, film con Audrey Hepburn che era il nostro preferito, e di Virginia Woolf. È stata Enrichetta a farmi scoprire Orlando. Non ci siamo mai baciati, ma non abbiamo smesso di parlare di storie. Anzi. Abbiamo iniziato a scoprirle insieme. Come Video Girl Ai di Masakazu Katsura, un manga. Compravamo un volume, lo leggevamo, ne parlavamo. All’inizio non sapevo perché, poi l’ho capito. Lo facevamo perché dentro c’eravamo noi, proprio noi due. Mi è successo ancora, con un altro fumetto. Sandman, di Neil Gaiman. L’ho letto e sono cambiato. Sono entrato in un mondo nuovo, un mondo di cose intense, non facili e banali, ma intense, vere, tristi e potenti che non mi lasciavano stare i pensieri, che mi attorcigliavano il cuore. Che mi restituivano un’immagine di me non abbellita e falsa, ma sincera e reale, di cui avevo un gran bisogno. Un’immagine che nonostante le mie paranoie e insicurezze mi piaceva. Bello, no? 

Perché lo sappiate, Sandman non è stato scritto per gli adolescenti. È stato scritto e basta. E sospetto che Neil Gaiman la pensasse come me all’epoca. Magari la pensa ancora come me, non lo so, ma so che la sua storia era la verità che cercavo. 

Non è ancora chiaro cosa sto cercando di dire, lo so, sento di esserci vicino ma manca qualcosa. Forse è dentro quel giorno in cui ho letto Franny e Zooey di J. D. Salinger e a ogni frase pensavo “io sono Franny,” che è una dei due protagonisti. Pensavo: “Come fa questo signore a conoscermi?” E poi: “C’è qualcuno come me là fuori.” Ecco. Ecco, forse ci sono. È questo che voglio dire. Quando leggo le storie con dentro la verità, quando le scrivo, scopro che c’è qualcuno come me là fuori. E vi giuro che è il pensiero più bello del mondo. C’è Franny là fuori. C’è Momò di La vita davanti a sé di Romain Gary e quel cane lo abbiamo venduto insieme. C’è Maria di L’Accabadora di Michela Murgia e anch’io ho bevuto di quell’acqua. C’è il barone rampante di Italo Calvino e Lenù dell’Amica geniale di Elena Ferrante, quante materie studiate insieme. E ci sono tutti, ma proprio tutti i perdenti di IT di Stephen King, e insieme abbiamo sconfitto il mostro. Io sono come loro. E se io sono come loro, e loro sono come me, allora non sono solo. E se non sono solo, io non muoio. Non lo so se è così anche per voi, ma quando vi scrivo, quando scrivo di adolescenti, è tutto ciò che spero di farvi provare con le mie parole.  

© Alessandro Q. Ferrari
(articolo pubblicato su Robinson di Repubblica il 12 settembre 2020) 

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